mercoledì 17 novembre 2010

.. luciano ...

Luciano Bovina ‎...quel carro trainato che ormai non vedi più...quanta tristezza leggo tra le "righe". Ada cerca di reagire, è il momento di alzare l'ancora e partire. Non lasciarti arrugginire...2002-2005-2006-2008 da San Pietroburgo agli Urali, poi fino al Baykal e avanti ancora fino a Vladivostok e oltre ancora di 3000Km fino a Magadan. Rallegrati di cio che abbiamo fatto non avere nostalgia del passato...ma del futuro. Ciao Gabbiano solitario

lunedì 28 dicembre 2009

SIBERIA Magadan - Adalberto

SIBERIA Magadan - Adalberto


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domenica 27 dicembre 2009

rasputin ..... santo o demonio?

alla ricerca di rasputin, il monaco meledetto ............. siberia ..............

entusiasti partiamo alla volta della Russia…….Le piccole vetture mangiano la strada……Il tempo è bello, sa di viaggio, di avventura, di scoperta.Al confine tra Polonia e Bielorussia perdiamo più di 5 ore per sbrigare le consuete prassi burocratiche….Così quando arriviamo a Minsk, a casa di Andrei, la nostra guida ed interprete, sono le 5 del mattino.Il tempo di riposarci un attimo ed eccoci a Mosca.Sfiliamo in grande stile sulla Piazza Rossa ma dopo un po’ siamo costretti a sgomberare il campo: un gruppo di Ceceni ha occupato il teatro “….” ci dicono; solo al nostro ritorno in Italia sapremo come è andata a finire.Ci godiamo la capitale in tutto il suo antico splendore, anche se oramai il fascino è circoscritto alla sola Piazza Rossa. E’ una città che si sta trasformando velocemente cercando di avvicinarsi ai canoni occidentali.Le nostre menti tuttavia sono già in Siberia, ma prima dobbiamo arrivare sugli Urali che da Mosca distano ben 1777 km.Lasciata la capitale ci aspetta un altro mondo, fatto di cose povere ma di sentimenti genuini.Lungo la strada la gente vende di tutto: caffè, the, patate, olio per motori, gomme ricoperte, formaggio e funghi.scoltiamo i loro discorsi e tocchiamo con mano la dura realtà di questa gente: le paghe sono irrisorie e così devono lavorare sulla strada, vendendo quel poco che hanno per arrivare a fine mese….Nonostante la crisi economica, la fine del comunismo, il divario tra ricchi e poveri, nelle persone che incontriamo ci colpisce il sorriso, il tipico fatalismo russo, il sensodell’ospitalità e la gentilezza.Nel paese di NYZYGOROD abbiamo appuntamento con padre (o pope)Da lui vogliamo sapere cosa ne pensa di Rasputin; il perché delle numerose leggende legate al suo nome; se, come dicono, era un donnaiolo; e se è vero che la sua dottrina, “clisty” diceva “bisogna prima peccare per poi pregare”?INTERVISTA….“Tutte invenzioni – ci dice. Rasputin era un santo, ha fatto tanto per i poveri, lo hanno dipinto come un maniaco depravato ma non è la verità. Il fatto è che pregava molto e frequentava molte chiese, e si sa, nelle chiese ci sono sempre tante donne, mentre gli uomini sono al lavoro, e lui veniva fotografato in compagnia delle sue fedeli, tutto qui.Inoltre – continua davanti ai nostri volti non troppo convinti - si dice che ci fosse anche un suo sosia che partecipava alle feste, ai festini e alle orge, ma costui era un intrigo di palazzo, ordito da quelli che gli volevano male, che remavano contro per screditare il santo, l’uomo che aveva salvato la zarevic a dispetto di tanti dottori e luminari.Anche la storia, che si legge sui libri, per cui Rasputin si dice portasse con sé dalla Siberia un’erba officinale, utilizzata da tutti i contadini di quella regione per rimarginare le ferite, ed in grado pertanto di bloccare diversi tipi di emorragie, non corrisponde al vero.Non date retta ai libri – ci ammonisce il Pope - sono fatti per essere venduti Il suo unico segreto – ci assicura era la preghiera.Rasputin pregava tantissimo: solo con la fede e la concentrazione infatti si possono ottenere certi risultati….. “Anche ai fedeli che prima erano in chiesa e nel frattempo si erano avvicinati a noi incuriositi da telecamere e taccuini, chiediamo cosa ne pensano di Rasputin, ma appena sentono il nome si fanno il segno della croce e fuggono via…..La stessa reazione la registriamo a Vladimir, una delle città più antiche di tutta la Russia, dove andiamo alla ricerca di un altro Pope che ci racconti il suo punto di vista. Non vogliono telecamere, non vogliono curiosi, sembrano indispettiti. Non ci resta che riprendere le auto e proseguire il nostro viaggio sulle tracce di Rasputin.In una bella giornata di sole raggiungiamo il cippo che, posto a 1777 km da Mosca, segna il confine non soltanto ideale tra due continenti: stiamo per lasciare l’Europa per entrare in Asia….Il bandito sugli Urali Anche questo, come ogni confine che si rispetti, è al centro di traffici loschi ed affari sporchi.Ce lo conferma SASCIA un ragazzo robusto e nervoso che ci ha avvicinato con la scusa di chiederci una sigaretta.“Ero un pugile – ci racconta – Poi la mia carriera è finita, il lavoro nella città di Ufa non mi piaceva e così mi sono messo a fare il trafficante. Qui la polizia è corrotta e pericolosa – ci confida – ma io vivo di piccoli traffici, di contrabbando, di piccoli aiuti, non faccio male a nessuno. Una volta questa zona era presidiata da bande di teppisti che si spartivano il traffico di droga. Molti di loro erano anche miei amici ma adesso si sono trasferiti tutti in città dove si lavora meglio e con meno rischi. Io comunque non ho paura – ci assicura facendo intravedere la pistola che porta sotto la giacca. E se voi avete qualche problema dite che siete amici di Sascia….”Con questa assicurazione sulla vita costataci un paio di sigarette, ci dirigiamo verso gli Urali.Il paesaggio che attraversiamo è dolce, le curve ci fanno compagnia per tutto il viaggio per poi trasformarsi in un lungo rettilineo che arriva fin quasi a Vladivostok.Ci fermiamo più volte per fare riposare le vetture e ad ogni sosta assistiamo alle solite scene: bancarelle improvvisate, mercatini ambulanti, traffici e affari di povera gente.TYUMEN nel passato fu un’importante crocevia di trafficicommercio.Adesso l’aspetto è quello tipico delle città dell’ex unione sovietica: grandi palazzoni grigi, tristi e malinconici.All’inizio della città la solita polizia ci richiede i documenti e ci guarda stupiti. Intuiamo i loro pensieri e sorridiamo per farceli amici: abbiamo oramai imparato che è meglio se non vogliamo perdere delle ore preziose è meglio instaurare subito un buon feeling: per cui fuori i regali e poi via…. Cerchiamo un hotel ma in queste città non è facile: tutto è scritto in cirillico e poi l’hotel si trova nascosto in un condominio anonimo. D’altra parte è normale: qui non c’è turismo e non passa nessuno, tranne forse qualche rappresentanza politica una o due volte all’anno. Nonostante la desolazione che ci circonda noi siamo felici, perché domani arriveremo a POROVOSKOE, il paese o meglio il villaggio di (dove nel 18…. Nacque Grigori Efimovic, ovvero Rasputin. POROVOSKOE.Sono le 10 del mattino, quando con le nostre auto passiamo davanti al segnale posto all’entrata del villaggio di POROVOSKOE.Poche case scolorite, un supermercato che fa da bar e ristorante, una scuola, un museo chiuso, un vento che sa di neve e di antichi sapori, tutto è tale e quale a come lo abbiamo letto descritto sui tanti libri letti prima di partire, solo con più fango.La nostra meta è la casa di Victor, un parente lontano di Grigori Efimovic detto Rasputin.Con le nostre auto ci fermiamo davanti ad una piccola casa in legno dai colori sbiaditi.Neanche il tempo per scattare una foto, che Victor si materializza davanti a noi, ci allunga la mano in segno di benvenuti e ci invita ad entrare.Il viso del nostro ospite è in parte deformato dalla troppa vodka ma la somiglianza è forte e lo sguardo penetrante. “La mia bis nonna era una semplice donna delle pulizie - ci dice. Una volta però fece peccato con Rasputin e nacque mio nonno. Ecco perchè nelle mie vene scorre anche il suo sangue.Rasputin era un uomo onesto, quando tornava da San Pietroburgo portava regali per tutti, organizzava feste e banchetti, aiutava i bisognosi. Quelle che raccontano sul suo conto sono tutte fandonie.Era stimato, ammirato e invidiato.Quanto alle donne, scagli la prima pietra chi non ha peccato o chi non è uscito dalle righe – aggiunge con fare filosofico - . Nessuna donna parlava male di lui, anzi….Lo accusarono di essere un libertino, un ubriacone ma sono tutte bugie. Lo avevano dipinto così i suoi nemici; lui possedeva un grande ascendente alla corte degli zar e molto potere, naturale quindi che avesse molti nemici, ma con la fede egli riusciva a superare tutto. Fu la Viburova, la dama di compagnia della zarina – ci racconta - ad introdurlo a corte, raccontando le sue gesta, i suoi miracoli. Si dice che fosse in grado di fermare i cavalli in corsa con uno sguardo.Quel che è certo è che riuscì a bloccare la grave emorragia dello zarevic, salvandogli la vita… Una guarigione che gli stessi medici hanno dovuto constatare senza darsi una spiegazione”.Victor si interrompe un attimo per mostrarci la sua povera casa che vorrebbe aggiustare ma non ha i soldi per farlo. Vive con una zia 93enne, cieca, distesa su di un letto sudicio.La stanza sa di fumo, di cose vecchie oramai dimenticate.Un piccolo tavolo fa da cornice alla finestra rotta, due sedie sono abbandonate in un angolo.Sulla stufa bolle una pentola di patate. Tutto semplice, tutto così lontano da noi, ma tutto vero, genuino, spontaneo come i suoi movimenti, i suoi sguardi le sue continue sigarette.“Quando mia nonna si sposò – prosegue il suo racconto - Rasputin le regalò una sedia ed un tavolo; un regalo molto costoso in quei tempi, e poi disse allo sposo: quando con il passare degli anni le forze ti abbandoneranno, siediti su questa sedia e ti sentirai nuovamente forte e giovane come un tempo.Ebbene, non c’è uomo giovane o vecchio qui in paese, che non si sia seduto su questa sedia per attingere un po’ della sua diabolica energia…”Anche dei giornalisti che erano venuti a visitare il museo si sono seduti, quindi il suo magnetismo e la sua forza continuano.Lasciamo Victor, il pronipote di Rasputin, forti delle emozioni che ci ha regalato il suo racconto e ci dirigiamo verso la vicina scuola elementare dove abbiamo alcuni regali da consegnare.Le maestre sono contente e stupite della nostra presenza, mentre i bambini ci salutano dalle finestre correndoci incontro per dedicarci una canzone, mentre noi, emozionati e toccati nel profondo, restiamo immobili ad osservare i loro grati sorrisi. PADRE SERAFINO……….. Lungo la strada verso gli Urali, un altro incontro con un personaggio particolare ci spinge a fermarci. Padre Serafino è un ragazzo alto un metro e novanta, portamento fiero, lo sguardo sicuro, i gesti di chi sa vivere.Assieme al suo fido aiutante, è partito a piedi dal Caucaso per raggiungere Mosca per visitare i luoghi santi e fare penitenza. Peccato che Mosca disti ancora 2000 km. “Questo nome – ci racconta – mi è stato dato quando sono diventato monaco. Sono nato in una famiglia disagiata e ad un certo punto ho trovato la strada di Dio. Adesso sto andando a Mosca a pregare sulla tomba di Serghey Radunisky (chi è?), nel monastero dove ho preso i voti.Questo mio pellegrinaggio rafforza lo spirito.Non sono un avventuriero, chiedo la carità lungo la strada per poter mangiare, passo la notte nei vari conventi, e quando non li trovo mi affido alla grande ospitalità del popolo russo.Mio papà – aggiunge - non l’ho mai conosciuto; mia mamma vive in un villaggio sperduto della Siberia, mia sorella è monaca, ed io mi avvicino a Dio camminando. Una volta giunto a Mosca non so cosa farò. Solo Dio è padrone della nostra povera vita, io faccio il mio dovere,ascolto e prego”.Affascinati da questo personaggio gli chiediamo se ha mai sentito parlare di Rasputin “Certo – ci risponde - era un pellegrino come me, ha fatto del bene e aiutato le persone povere tutto il resto sono falsità….”I DUE CONTADINI…. Ha ripreso a nevicare…….Ci fermiamo in un villaggio che sembra uscito da una favola di Natale.Davanti ad una casetta siberiana più curata delle altre una donna ci osserva con un sorriso…… e ci invita a entrare per bere un tè.L’interno è dignitosamente povero, un gatto sonnecchia sulla peka, stufa, mentre l’acqua nel samovar bolle sbuffando.Lei è molto decisa, sicura di sé, come tutte le donne russe, mentre il marito ha un bel faccione simpatico.“Mi chiamo Resov Alerei Vassilevic – ci dice – e mia moglie si chiama Nina.Siamo due poveri contadini, viviamo con la nostra misera pensione equivalente a circa 10 $ al mese. I giovani sono andati via e noi siamo rimasti soli. Nessuno oramai vuole più fare il musik, il contadino, i tempi sono cambiati.Una volta si stava meglio: al tempo di Stalin, c’era lavoro e pane per tutti, ci si divertiva, eravamo allegri.Adesso – interviene la moglie - mi viene rabbia quando vedo la TV, ci sono tante belle cose ma chi può permettersi di comprarle? Possiamo solo vederle in TV. E’ peggio che ai tempi di Eltsin, d’altra parte quello pensava a bere e basta. Io spero in Putin – ci dice - e prego che mi dia la forza di voler vivere”.Spieghiamo anche a loro il motivo del nostro viaggio e, appena sentono il nome di Rasputin si mettono a ridere.“Quello era l’anti Cristo – ci assicurano – Era una persona furba, mica come noi che non dormiamo la notte al pensiero che dobbiamo ritornare 500 rubli al negozio di alimentari…”Ascoltiamo con attenzione, la loro voglia di parlare ed i loro silenzi.Li osserviamo mentre nella stalla preparano il cibo per l’unica e preziosissima vacca e per il cane che li protegge.Ci congedano invitandoci a ritornare: saremo sempre qui e non cambierà niente.Nevica, tutto è più bello ma più difficile, mentre attraversiamo paesi dai nomi impronunciabili. Le solite babuske sfidano il gelo siberiano sperando di arrotondare il bilancio in maniera onesta.Più di una volta ci fermiamo ad aiutare diverse automobili uscitedi strada causa il ghiaccio;la neve copre tutto anche iostri pensieri.San Pietroburgo……quest’anno compie 300 anni, e la città ci accoglie in tutto il suo splendore.La chiamavano la Venezia del Baltico: palazzi, musei, vie famose ci fanno compagnia…..In questa città nei primi ‘900 Rasputin il musik, lo starec, l’avventuriero, il consulente della zarina dominava i pensieri della corte.Sostituiva ministri, curava lo zarevic affetto da una grave forma di emofilia, organizzava feste che si tramutavano in orge, frequentava gli zingari, forse per carpirne segreti e magnetismi.Era diventato potente, temuto, invidiato a tal punto che un giorno, una cricca di nobili, tra cui ……. Jupov, suo grande amico, gli organizzarono quella che per lui sarebbe stata l’ultima cena, l’ultima sfida al santone nero: la scusa, l’incontro con una bellissima donna.Il teatro di questo ultimo atto la splendida casa Jupov.Rasputin mangiò dei i biscotti avvelenati, quindi i suoi assassini gli spararono e lo gettano, ancora vivo nella Neva.Lo trovarono il giorno dopo; il cadavere venne subito fatto sparire mentre la gente del posto continuò per giorni ad andare in processione a raccogliere l’acqua dove lo avevano trovato. a zarina distrutta dal dolore lo fece seppellire nel parco della residenza ma ben presto la profezia di Rasputin che aveva detto “alla mia morte scorrerà molto sangue” si avverò lo stesso.Da lì a poco scoppia la rivoluzione, la famiglia Romanov è annientata, la tomba di Rasputin distrutta su ordine di Lenin, il bolscevismo diventa padrone di tutta la Russia dopo una guerra civile rossi contro bianchi, cambia tutto, la Russia diventa segreta, e POROVOSKOE si trova isolata più che mai.Quando cadono i muri, la Russia apre le sue porte e noi andiamo incontro alla storia, cercando sulla cartina il minuscolo villaggio di POROVOSKOE da dove molti anni prima era partito con il suo fardello di povertà un contadino alla conquista di San Pietroburgo.Abbiamo vissuto un viaggio fantastico, visitato il suo villaggio, visto le chiese dove ha pregato e peccato, incontrato persone che ci hanno regalato amicizia e ospitalità… E sfogliando l’ultima pagina del libro sulla vita di Rasputin, alla domanda se sia stato un avventuriero o un santo? Ladro o onesto? Buono o cattivo? Non sappiamo dare una risposta certa………..Ma quel che è certo e che a noi pellegrini del 2000, questo viaggio ha lasciato un segno che difficilmente dimenticheremo, e i 6500 km che ci separano da POROVOSKOE, adesso che siamo tornati, ci sembrano molto più vicini……..

la prima grande impresa ................ correva il 1999 ..

In viaggio attraverso la
"Terra Addormentata"



Da Udine a Vladivostok nel 1999



Racconta un'antica leggenda che quando Dio creò la Siberia decise di sorvolarla tutta, ma il viaggio fu talmente lungo che dalle dita rattrappite per il freddo caddero inestimabili ricchezze; per impedire che gli uomini ne approfittassero, le ricoprì con un altissimo strato di ghiaccio. La terra addormentata (così le tribù tartare chiamavano la Siberia) si estende per 8.000 krn, dagli Urali al Pacifico.
Con la famosa Transiberiana da Mosca a Vladivostok servono più o meno otto giorni, come mezzo secolo fa, muovendosi in direzione opposta al sole lungo sette fusi orari. Nel luglio 1997, alle 3 e 20 del mattino, dal finestrino della Transiberiana osservavo la notte e pensavo che sarebbe stato bello arrivare con delle vetture proprie fino a Vladivostok in inverno: neve, ghiaccio, vento, avventura, mistero e l'emozione della paura. Con degli amici, anche loro amanti dei viaggi, si decide di provarci nel 1999: sponsor, auto, discussioni varie, imprevisti, incomprensioni, lavoro di routine e finalmente siamo pronti. Partiamo a febbraio con due Kangoo Renault: Andrej, Adalberto, Sandro, Alberto, Franco e Stefano, pieni d'entusiasmo e voglia di scoprire. In Bielorussia facciamo tappa a Minsk, a casa dì Andrej.
Dopo una giornata di riposo si va a Mosca: sostiamo nella Piazza Rossa, dove incomincìamo a fotografare la nostra piccola grande impresa. C'è il sole che ci aspetta sugli Urali, ondeggianti, belli, puliti, armoniosi come i loro tornanti. Mi fermo a scattare alcune foro e respiro quest'aria cristallina, il paesaggio è stupendo: neve. cielo azzurro, qualche camion sgangherato rompe il silenzio, ma tutto intorno c'è un'atmosfera magica. Dobbiamo riprendere la marcia, ma è stato bello isolarsi per alcuni attimi. Per puro caso a Ufa, centro industriale, facciamo conoscenza con un'équipe televisiva russa, che tenta lo stesso raid. Ci raccontano le loro esperienze di viaggio e ci parlano della Russia in generale. Sono simpatici e resteremo assieme fino al lago Bajkal, poi la loro vettura non potrà più proseguire il viaggio, distrutta dalle strade russe. Superati gli Urali, siamo in Asia. Le strade sono perlopiù ghiacciate, ma ogni tanto le troviamo pulite e lanciamo le nostre macchine a una velocità quasi europea.
A Omsk siamo ospiti di personalità legate al mondo della cultura, del commercio, della politica: siamo un po' imbarazzati perché non sappiamo come ricambiare tanta amicizia. Notiamo la sauna privata. belle macchine, cellulari, case belle e spaziose e... potere. In Russia la forbice tra il nuovo ricco ed il vecchio povero si è allargata in modo spaventoso; non esiste il medio, La cosa fa riflettere: potranno continuare così? Lungo il percorso i villaggi sono poveri e malinconici. però riescono a darti emozioni: casette colorate in legno, una babushka cammina nella neve con il suo carico di cose buone, i bambini giocano con la slitta, un cane cerca un po' di cibo, c'è un camino che fuma...
Ci fermianìo a scattare qualche foto, una famiglia ci apre la porta di casa e ci accoglie come vecchi amici offrendoci tè, pane, dolce, biscotti. Quanta ospitalità e generosità da questa povera gente! Regaliamo loro una bottiglia di vino e biscotti italiani. La babushka ci ringrazia di cuore. "Adesso tante persone pensano solo a mettere i soldi in banca - dice - noi siamo contenti di mettere i ricordi nel nostro cuore". Lasciata la casa, in macchina c'è silenzio: quella nonnina, penso, con una frase semplice ma profonda, ci ha toccati dentro. Ogni tanto veniamo fermati da poliziotti, che si lasciano fotografare mettendo in bella mostra i distintivi. Multe prese: due, su quasi 14.000 km: non ci si può proprio lamentare anche perché le cifre da pagare erano due/tremila lire. Arriviamo a Novosibirsk. Anche qui siamo ospiti grazie agli amici della televisione russa. Fa freddo, -20°C, ma la giornata è serena. Girando per la città abbiamo l'occasione dì conoscere i pescatori sul fiume ghiacciato, fotografiamo degli sposi, visitiamo il centro con vecchi simboli del socialismo reale, andiamo a trovare dei missionari italiani,
Quando lasciamo la città la temperatura si è notevolmente abbassata, ma i nostri cuori sono caldi per l'accoglienza ricevuta. Il cielo sembra scuro e minaccioso; involontariamente penso alla pioggia, invece siamo vicini a Kemerovo, zona di miniere, villaggi quasi abbandonati, la gente non prende la paga da diversi mesi, la situazione è drammatica. Lo smog ha sporcato tutto; anche la neve qui non è più bianca. In un piccolo villaggio diamo biscotti, adesivi, collanine e caramelle ai bambini che ci corrono incontro, i loro visi si riempiono di gioia, i nostri cuori di tristezza: fra mezz'ora tutto sarà finito. Noi partiremo e loro resteranno qui a sognare una vita migliore. Speriamo almeno di avergli lasciato il nostro piccolo ricordo. Strada e ancora strada. Parliamo poco in macchina, scambiamo qualche opinione, chiediamo ai passanti se la direzione è giusta, ma le nostre menti sono assorbite da ciò che vediamo: miseria, visi tristi e rassegnati, case povere, macchine abbandonate, trattori distrutti, bar al limite della decenza, e quella speranza che ormai se n'è andata come un fiocco di neve che toccando il suolo scompare. Le betulle ci fanno compagnia.
Una trojka antica ci rallegra, un vecchio sidecar ci sorpassa e ci saluta. Sono anche queste piccole cose che fanno grande un viaggio. A Krasnojarsk - bella e moderna città - dove i palazzoni del vecchio regime stonano con il centro bello e lineare, veniamo intervistati dalla televisione russa, qualche ragazzino ci chiede l'autografo, un anziano ci scatta delle foto. Siamo tutti un po' eccitati perché domani arriveremo sul lago Bajkal, tappa fondamentale per riposare un giorno e vedere se le macchine sono a posto. Ma lo stato delle strade ci fa ritardare di un giorno l'arrivo. Il Bajkal è completamente gelato: un camion lo percorre da nord a sud; e pittoresche casette formano una bella cornice. I bambini giocano sul ghiaccio. donne anziane vendono pesce, vodka, birra e la loro amicizia: mi dicono di essere tranquille e felici perché sulle sponde del lago si vive bene, lontano dai rumori e dai problemi delle grandi città. Dopo 500 km arriviamo a Ulan-Udè. La popolazione è buriata; assomigliano ai mongoli e anche il centro della città, dove domina la più grande testa di Lenin di tutta la Russia, è una piccola fotocopia di Ulan-Bator, capitale della Mongolia.
La gente è cordialissima, Andrej è messo a dura prova, vogliono sapere tutto di noi: chi siamo, dove andiamo, quanto tempo ci fermiamo, come ci chiamiamo e se vogliamo cambiare dollari. La stanchezza si fa sentire, ma ci attende ancora il pezzo più duro del viaggio che ci porterà a Vladivostok, sul Mar dei Giappone... il sogno sta diventando realtà. Adesso dobbiamo correre sul fiume gelato, con uno spessore di circa ottanta centimetri, per poi risalire nel bosco dove la pista diventa stretta, insidiosa e piena di buche. Ci fermiamo parecchie volte a chiedere informazioni ai camionisti o alle persone che incontriamo nei piccoli villaggi: tutti ci dicono: "penso si vada sempre dritto". Mi arrabbio con Andrej dicendogli che non bisogna pensare, ma avere una risposta chiara, perché se sbag]iamo pista e rimaniamo senza benzina cosa facciamo? Andrej mi risponde: "ricordati che siamo in Russia". E' vero, non ci si può lamentare. Siamo venuti noi a cercare l'avventura. Sempre dritto. Verso le dieci di sera, lungo il fiume ghiacciato, come per miraggio, vediamo il cartello con la forchetta: siamo contenti e per incanto scompare tutta la stanchezza.
Il posto è spartano, orgogliosamente pulito, un gatto sonnecchia vicino alla stufa, un bambino ci guarda con curiosità. Il papà ci fa accomodare e ci consiglia pilmini, carne e patate; diciamo che va bene e lo invitiamo a sederci con noi per fare quattro chiacchiere. Ci racconta la sua vita, dal suo viso capiamo la sofferenza, ma nello stesso tempo è felice che qualcuno lo ascolti, si sfoga volentieri, ma non vuole essere ripreso, vecchie paure mai dimenticate. Potremmo dormire a casa sua per pochi rubli ma la pista ci chiama, così ci ritroviamo in macchina e, dopo aver scaldato i motori, si riparte. Incominciano le rampe ghiacciate; bisogna fare attenzione, una mossa sbagliata potrebbe costarci cara. Alle due del mattino buchiamo e con le ultime forze cambiamo la ruota. Verso le tre troviamo una casa-pensione.



Una signora gentilissima ci apre le porte delle nostre stanze e finalmente possiamo distenderci a riposare per un paio d'ore. I letti sono vecchi e scomodi, sulle pareti della camera c'è una fotografia, presa da un giornale, di una bella ragazza, i tubi del riscaldamento avvolgono la stanza di calore, l'armadio sembra abbandonato da molto tempo, la finestra è ghiacciata: mi fermo ad osservarla con un sentimento strano, mi sembra un sogno. La mattina dopo la signora ci prepara tè caldo e biscotti; le regaliamo anche noi qualcosa: pasta, scatolette di carne, marmellata, olio, passato di pomodoro. La salutiamo con un po' di nostalgia. Lasciamo questa casetta in mezzo alla neve e torniamo sulla pista. Una Uaz ci fa strada e ci porta nella direzione giusta, ma rimane senza benzina; per fortuna le nostre taniche sono piene e possiamo ricambiare l'aiuto. Fa freddo, la giornata è limpida, la pista ci accoglie con tutte le sue insidie, ma ormai sappiamo come prendere buche e avvallamenti senza creare problemi alle vetture. Neve e ghiaccio ci fanno compagnia in mezzo al bosco, mangiamo una scatoletta di tonno.



I nostri visi portano i segni del viaggio, però restiamo concentrati e decisi a portare a termine l'impresa. Dopo venti ore di macchina ci fermiamo, distrutti: mani, polsi, gambe, schiena e occhi sono provati dallo sforzo. Troviamo una stazione ferroviaria in un piccolo villaggio, per circa mille lire a testa possiamo dormire qualche ora. Sono circa le quattro di mattina, la neve brilla nel buio e gioca con le nostre macchine; completiamo le prassi burocratiche dei passaporti e ci buttiamo a letto vestiti, non facciamo in tempo a dirci "buona notte" che siamo già tutti addormentati. Meno quaranta: dobbiamo cambiare una gomma, impresa titanica a queste temperature, ma dopo un'ora siamo pronti a partire. Dopo quasi 500 km di piste tra il fiume gelato e il bosco, dove fare manovra diventa un problema per mancanza dì spazio, arriviamo a Habarovsk. Finalmente l'asfalto! Corriamo bene anche perché caricati moralmente dalla meta ormai vicina. Ma a 300 km da Vladivostok ecco il Buran: tempesta con vento e neve. La nostra marcia viene rallentata in maniera spaventosa, dai 90 km/h dobbiamo passare ai 40; è buio pesto e sulla strada si è formata una sinistra lastra di ghiaccio. Con i fari alti la neve sembra un muro bianco che si erge davanti alla macchina, i riflessi non sono più quelli di quindici ore fa. Siamo in ballo e poi, in fondo, il Buran mancava alla nostra collezione di emozioni e di ricordi. Alle tre del mattino vediamo le prime luci della città, un ultimo controllo di polizia e arriviamo sotto il cartello di Vladivostok: sono le 3 e 20 del mattino, la stessa ora di quella notte del 1997.
Ci fermiamo, emozionati, a scattare qualche foto ricordo per noi e per gli sponsor. Il freddo è insistente, ma viene sopportato con una struggente felicità che trabocca dal nostro cuore. Brindiamo e, come per magia, il vento è cessato, l'aria è limpida, la notte serena, sui nostri volti scavati dalla fatica esce l'ultimo lampo di gioia, una stretta di mano, qualche pacca sulla spalla e poi via a cercare l'ultimo letto siberiano, per riposare e incominciare già a ricordare la nostra "grande impresa". Abbiamo attraversato la "terra addormentata".

R4 resterà sempre la più bella emozione ....

Un'altra impresa da primato di Adalberto Buzzin Aneddoti del viaggio.Con la gloriosa R4 verso i Carpazi E' un legame stretto, quasi da primato, quello che lega il cormonese Adalberto Buzzin e un certo modello diutovettura.E nel centro collinare quella per la Renault 4 è una passione ormai ben nota. Del resto come negarla, visto che è comprovata da tanti chilometri percorsi nei paesi più disparati di ben tre continenti? Proprio in questi giorni di chilometri, poi, se ne sono aggiunti altri. Tirando quattro conti si scopre che Adalberto Buzzin, nei 25 anni al volante di questa vetturetta oramai d'altri tempi, ha “macinato ben 800 mila chilometri.con due autovetture distinte, la prima bianca e la seconda rossa, Buzzin ha girato l'Europa, l'Asia, si è fatto il MedioOriente e una bella fetta dell'Africa (deserto del Sahara compreso).Tra i suoi trofei, se così si può dire, mancava la Russia. Detto fatto: la meta i Carpazi, distante tremila chilometri. Come sempre pare che l'autovettura abbia fatto il suo dovere. «Il momento più simpatico - afferma Buzzin, - è stato quello con un poliziotto ucraino sul confine nella città di Chop. Non aveva mai visto una Renault 4, per quanto possa sembrare incredibile e tra lo stupito e il divertito ha affermato “questa non è una macchina è un Ufo”. Sta di fatto che a noi la risata generale è servita a smorzare un po' la tensione sul confine, visto che c'è una prassi non da poco, con due ore e mezzo di attesa quando si entra e oltre quattro ore in uscita». il viaggio ha toccato le città di Uzhgorod, Mukachevo, Skole, Stree Shegini.Il bello di quelle zone è la tranquillità dei paesetti, - prosegue Buzzin, - con le case colorate che si incontrano. La gente è gentile e a volte ci guardava con la curiosità di sapere dove andasse quella vetturetta rossa. In qualche modo balzavamo agli occhi, visto che sulle strade si incontrano solo Tir e fuoristrada di fabbricazione russa. Del resto le buche sono talmente tante che il fuoristrada è il mezzo migliore. In tutti i casi anche la Renault 4 le ha superate con estrema disinvoltura».

un altro amico, un'altra emozione

Proprio ora è arrivato il pacco contenente il libro. Pur non avendo molto tempo ora, l'impazienza mi ha spinto comunque ad aprirlo. Da un'esame superficiale dell'opera, posso dire che non è consigliabile l'acquisto a: 1) coloro che non amano viaggiare 2) coloro che non riescono ad immaginare di trovarsi in un altro luogo semplicemente guardando una bella immagine 3) coloro che non sanno apprezzare le belle fotografie 4) coloro che non amano guadagnarsi il risultato ma vogliono tutto già pronto. Un consiglio: Per ogni fotografia è necessario osservare ogni dettaglio, poi guardarla nell'insieme per alcuni secondi. Quando il cuore comincierà ad aprirsi allora sembrerà come di trovarsi davanti ad una finestra ad osservare una scena in movimento.

commento di un amico ...

Adalberto Buzzin mi ha spedito qualche immagine del suo nuovo libro di foto dalla Siberia, che si vende nelle due librerie di Cormons.La presentazione, il 17 marzo, sarà anche il resoconto dell’ultima spedizione in Siberia del Gennaio 2006 (dove si sono toccati i meno 56°). Storie, avventure e leggende di questa sterminata regione, dove il viaggiatore cerca sempre l’uscita più comoda senza successo, prechè la natura, com’è giusto, vince sempre.Nell’immagine, il confine tra Asia ed Europa, a 1777 chilometri da Mosca.Dice Adalberto: … ma ogni tanto mi piacerebbe tornare e girare con uno zaino sulle spalle, alla scoperta del mondo. In fondo viaggiare è una delle cose per cui vale la pena vivere, è farlo da giovani, senza nessun obbligo se non quello di respirare, vedere, valutare e conoscere il più possibile, è una fortuna.