viaggio in solitario
La magia del Sahara*
era la prima volta che mi trovavo nel deserto del Sahara, c'era una forte curiosità e nello stesso tempo mi concedevo l'emozione della paura. Perché uno vuole andare nel deserto? Cosa lo spinqe? Cosa pensa di trovare? Come lo trova? Mi sono fatto anch'io queste domande, ma sarei un bugiardo se vi dicessi che ho trovato delle risposte, so solo che una parte di me stesso è rimasta laggiù e non so se potrò mai ritrovarla. L'immaginavo come l'ho trovato: con i suoi spazi, suoi silenzi, il vento, il sole, la sabbia e perché no, con quel misticismo che tanto affascina l'occhio ed il cuore dell avventuriero. Lasciando Agadez, la perla del deserto, scompaiono gli ultimi colori della savana e di colpo ti ritrovi nell'immensità in una terra senza confine. Il prima impatto è meraviglioso, spiegare i propri sentimenti non è facile, ma le sensazioni di quei momenti saranno irripetibili. C'era un sole che scaldava appena, il cielo era limpido, la Renault 4 ondulava sulla sabbia con una certa timidezza e affrontava questa avventura senza poche riserve di riuscita; i pochi cespugli che segnavano la pista ormai stavano scomparendo e di colpo, come per incanto, lo spazio che tutti noi cerchiamo e forse non troviamo.Chissà perché?la sabbia si faceva sempre più leggera e nemica, il paesaggio cambiava continuamente, i colori erano stupendi; scorgo una carovana di beduini diretta chissà dove e penso a questi «Ulissi» ormai in fase di estinzione, che con la loro pazienza, il loro sacrificio, riescono ancora a fare quello che vogliono e a trovare in questo oceano di sabbia il loro mondo migliore. Si scorgono i primi miraggi e le emozioni non si contano più, ti sembra di vivere in un altro mondo, fuori dalla realtà. Mi fermo. Per far riposare la macchina e per sgranchirmi le gambe. Tocco la sabbia con un gesto quasi istintivo, la trovo diversa, mi sfugge via attraverso le dita come la vita. Vedo avvicinarsi due Tuareg - gli ultimi nobili del deserto - con Il loro portamento fiero e severo, ma in fondo sono buoni e semplici; vorrei comunicare con loro, ma la cosa non è facile per via della lingua. Si accorgono che sto osservando con stupore le bellissime spade che portano nel cinturone. Chiedo il prezzo ma mi fanno capire che non sono in vendita, perché se le tramandano di padre in figlio. Non insisto più, mi sembra logico. Offro una sigaretta, ma con una gentilezza trovata chissà dove mi fanno capire che se ne devono andare; prima di salire sul cammello noto che uno dei due Tuareg porta l'orologio. Di colpo mi sento triste. Sto ancora pensando a questo particolare e loro sono già lontani e con ampi cenni delle mani cerchiamo di salutarci. Addio guerrieri senza confine. Mi verrebbe voglia di urlare.Si riparte. Il paesaggio non cambia, le dune ti fanno compagnia. noti qualche carcassa di macchina, che il deserto sembra voglia conservare e proteggere, il tramonto si avvicina e tutto intorno a te cambia: ti sembra di vivere in due deserti, uno di giorno, pieno di vita e di sole, e uno di notte, silenzioso e mistrioso. Fermo la macchina, scendo con il mio amico Maurizio Pepe e sistemiamo i sacchi a pelo.la notte è serena, ma fredda (il giorno tocca i 5O gradi, la notte la temperatura scende sugli O gradi), sperando di non trovarti uno scorpione nel sacco a pelo ti addormenti. Spunta l'alba, il deserto come per incanto acquista i suoi colori, le sue forme: un'altra giornata ti aspetta. Mentre ci prepariamo il classico tè penso a quello che troveremo oggi, e mi ponga delle domande, senza trovare alcuna risposta chiara.Si parte verso Tamanrasset dove, dopo tante centinaia e centinaia di chilometri, troveremo l'asfalto, con la speranza di trovare ancora quel “qualcosa” che tanto ti ha dato e detto e che ti ha fatto vivere delle emozioni fantastiche, perché quando toccherai l'asfalto, pur mancando 3000 km per arrivare a casa, non troverai più la sabbia, che qualche volta hai anche maledetto, e con essa tante altre cose che ti portavi dentro: tutto questo ha una sola magica parola: SAHARA.
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Adalberto Buzzin è un MITO VIVENTE.
RispondiEliminaPierangelo